Social Odio! Immersi e sommersi sempre più dall’anonimato collettivo?
Traggo spunto dalla cronaca e dall’esperienza personale per fare alcune riflessioni intorno a un fenomeno inquietante che sta sempre più dilagando sul WEB e che è stato efficacemente ribattezzato come SOCIAL ODIO.
Tutti noi abbiamo avuto esperienza e siamo consapevoli di quanto diffusa sia oramai questa valanga di insulti, volgarità, malefici più o meno assortiti e nefasti auspici vomitati giornalmente in rete in modo anonimo: in particolare su FB e Twitter nonché nei commenti in calce ai contenuti dei siti di informazione più diversi e disparati.
Sembrerebbe proprio che siamo fatalmente immersi e sommersi tutti dall’anonimato collettivo.
Fatalmente? Necessariamente? Evidentemente le cose non sono così … basta fare qualche riflessione e approfondimento psicologico e psicoanalitico per evincere quanto sta dietro a tutto questo e in tal senso fare un passo avanti nella comprensione del fenomeno e, forse, nella sua “gestione” individuale e sociale.
Mi accompagna e mi conforta in questo mio breve contributo un grande psicoanalista come D. Anzieu.
Anzitutto va rilevato che in questa identificazione narcisistica (dell’insultatore che si nasconde dietro l’anonimato) con gli altri suoi simili vi è una duplice impunità: penale e sociale.
Già questo dovrebbe aiutarci a capire la personalità e la psicologia di questi soggetti.
Soggetti che sentono forte questo bisogno di canalizzare e proiettare in modo anonimo il loro odio (che è anche odio autoriferito) proprio in quanto questi individui non hanno la benché minima rilevanza pubblica. Questo il loro ragionamento: “Io non sono nessuno e allo stesso tempo sono tutta la Community”.
Ciò permette allora a questi fragili individui di esistere come utenti, come “amici virtuali”, come profili, come piccoli brand: ma non come persone!
E, quindi, nel bene o nel male, individui (e non persone) dal valore ben poco superiore, purtroppo, allo zero assoluto – sia detto senza alcuna connotazione morale.
Il WEB, in fondo, non è però l’unico colpevole di questa deriva … perché la rete non ha fatto altro che mettere in risalto (far uscire allo scoperto) il profile fragile, labile, debole, incerto di questi individui che – con il mezzo informatico – hanno momentaneamente trovato una forma di stabilizzazione. Ma poi? Ma dopo? Questo è un altro capitolo che andrà ripreso a suo tempo. In conclusione, il mio consiglio – a tutti coloro che mi hanno interpellato in proposito – è proprio quello di mettersi in posizione di attesa, aspettativa e comprensione di questo interessante fenomeno sul piano psico-antropologico … grazie agli strumenti del sapere psicodinamico e della clinica della personalità. La prognosi a medio termine è necessariamente buona.
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Orlando Del Don
Medico, Psicoanalista, Politico
Classe 1956, Medico, psicoterapeuta, docente, scrittore, editore. Questo blog è il mio mezzo per parlare online di società, sanita, cultura, informazione, territorio e altro ancora.
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