Lo show business delle immagini provocatorie e narcotizzanti … che non scandalizza e non sensibilizza oramai più nessuno
La nostra società post moderna sembra innamorata ad oltranza di ogni forma di immnagine … a tal punto che oramai ogni forma di provocazione, rappresentazione, riproduzione, dettaglio anatomico, iperrealismo, esibizione, mascheramento, contaminazione, confusione ed intrusione sono di ordinaria amministrazione e oramai non si sa più cosa inventarsi per attirare l’attenzione del pubblico, fosse solo per pochi secondi!
La bulimia della società dell’immagine sta vivendo ora una nuova stagione caratterizzata da un ininterrotto, inesausto ed esasperato show-business che oramai non riesce più a scandalizzare nessuno e, anzi, narcotizza e de-responsabilizza le masse in modo – oso dire – preoccupante.
Contrariamente a quanto affermano ancora certi ingenui o, meglio, interessati epigoni di questa vera e propria industria dell’immagine rielaborata e falsamente “provocatoria” … queste rappresentazioni non riescono più oramai nemmeno a “épater les bourgeois” … e figuriamoci allora gli altri!
Il caso della donna barbuta, al secolo Conchita Wurst, è solo uno dei tanti stucchevoli fenomeni di questa deriva che, pur non essendo altro che vuoto a perdere, rappresenta comunque uno show-business con interessi miliardari e che se ne infischia di qualsiasi altro tipo di considerazione!
Interessante a questo proposito è l’analisi pubblicata in data 13 maggio sul CdT da Moreno Bernarsconi dal titolo “Fenomenologia di Conchita Wurst” – e che voglio riportare di seguito integralmente – perché, con parole semplici e chiare ma anche alieno da ogni forma di partigianeria, è riuscito a formulare bene la sostanza della questione. Ecco allora, di seguito, il testo.
“A costo di deludere le opposte tifoserie di progressisti e dei reazionari, non intendo unirmi ai cori né di chi inneggia alla vittoria sull’omofobia né chi si straccia le vesti per il trionfo canoro di un pervertito. Senza bisogno di scomodare le battaglie di civiltà (o di inciviltà), il fenomeno Wurst non è infatti una tappa sul cammino delle sorti magnifiche e progressive dell’umanità. Molto più prosaicamente – come dimostrano i milioni di clic e il video virale della sua esibizione all’Eurosong – è l’ennesimo prodotto succoso (e non poteva essere diversamente visto il nome) concepito dai professionisti di quella gigantesca gallina dalle uova d’oro che è oramai diventata l’industria planetaria dello spettacolo nell’epoca del digitale. Un’industria che fa leva su pulsioni e frustrazioni ataviche del pubblico (lo spettacolo morboso del deforme, del sesso, della morte …) in linea – pur nella sua patetica mediocrità rispetto ai modelli – con una tradizione che va dalle commedie di Plauto ai giochi gladiatori dell’Anfiteatro Flavio ai riti carnascialeschi medievali su su fino ai concerti di Marylin Manson o Madonna e suoi grossolani epigoni recenti (Lady Gaga o Miley Cirus).
Cos’è il fenomeno Conchita Wurst? L’abbinamento del nome Conchita/Wurst possiede una carica d’attrazione/repulsione.
Conchita è il diminutivo di Concepciòn nome che nella tradizione cattolica rinvia all’Immacolata concezione, la figura di madre più nobile e sublime in assoluto. La contrapposizione con una salsiccia (Wurst), ovvero carne e di bassissimo livello – per di più comicamente evocatrice di uno dei simboli della cucina viennese, i Wienerli – ha un impatto sacrilego e dissacratore. Una dissacrazione pacchiana, intendiamoci, giacché salsicce e insaccati veri sono già stati sdoganati da tempo dall’arte contemporanea e per ciò stesso sacralizzati e accolti a braccia aperte nei nuovi templi museali.
Ad ogni buon conto, le polemiche dimostrano che l’obiettivo di marketing è stato raggiunto.
L’abbinamento barba maschile/corpo e trucco femminile è anch’esso ad effetto: a fortriori se si pensa che il volto di Conchita è un mix fra Sandokan e Jesus Christ Superstar. In una società della Pop Art volgarizzata, l’icona Wurst ha tutto per imprimersi (per qualche effimero mesetto) nella memoria del pubblico.
La donna (o trans) con la barba merita un discorso a parte.
Neanche qui siamo in presenza di un novum: il circo Barnum e dopo di lui tanti altri fecero soldi a palate mostrando a un pubblico avido di deformità donne con la barba, donne cannone, mezze donne, uomini con tra gambe e via discorrendo.
A dire il veri in quei casi si trattava di fenomeni autentici.
Nel caso di Wurst o di Conchita, non solo il nome non è autentico, ma neppure il suo ermafroditismo (a quanto sembra, ma non mi si chieda per favore di verificare …).
Maschera, travestimento oppure no, sta di fatto che da sempre questi fenomeno sono stati una gran bella (si fa per dire) macchina da soldi: non solo per l’industria circense ma, in taluni casi, anche per gli stessi protagonisti.
Vedremo se e quanto durerà la barba di Wurst.
Spero di aver convinto qualche lettore che ha avuto la pazienza di leggermi fin qui, che il fenomeno Conchita-la salsiccia va preso per quello che è: un grosso affare (non mi si fraintenda).
Post scriptum. Non ho fatto questo articolo per nobili motivi. Anche io ho voluto approfittare biecamente del fenomeno Wurst e della rete mangiasoldi che lo sostiene. Il nome Conchita Wurst contenuto nel titolo dell’articolo farà infatti schizzare anche il nome del vostro umile servitore ai primi posti dei motori di ricerca della rete globale. Come diceva Totò: “Cca nisciuno è fesso”! ”
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Orlando Del Don
Medico, Psicoanalista, Politico
Classe 1956, Medico, psicoterapeuta, docente, scrittore, editore. Questo blog è il mio mezzo per parlare online di società, sanita, cultura, informazione, territorio e altro ancora.
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