Gobbi e Zali sono fragili e disarcionabili

Intervista rilasciata al Corriere del Ticino in data lunedì 23 febbraio 2015.

L’esponente de La Destra è pronto per il rinnovamento e parla dei litigi in Parlamento.

Orlando Del Don, quali solo le tre priorità della prossima legislatura?

«Lavoro ai ticinesi, sicurezza e risanamento dei conti. Ma occorre rivedere la visione eccessivamente statalista e centralista dello Stato. È ora di dare fiducia alle persone virtuose e che hanno voglia di fare e operare. Va tolta l’idea distorta che solo tutto ciò che fa lo Stato è buono mentre quello che fanno i privati non lo sia. Un po’ più di fiducia nei ticinesi».

Lei era tra i contrari all’unione elettorale UDC-AreaLiberale-UDF. Ora questa è realtà con La Destra. Come si trova in questa nuova casa?

«Sono un osservatore ed un ascoltatore attento ed esigente; prima di decidere voglio capire. L’UDC aveva deciso troppo in fretta, da qui le mie perplessità di allora. Ora ho lavorato e sto apprezzando le persone al nostro fianco. A posteriori posso dire che è stata una scelta felice».

Ha ancora qualcosa da capire?

«La personalità e lo stile dei colleghi. Le persone estroverse ed esuberanti non mi dispiacciono, ma l’improvvisazione non fa per me. Li sto conoscendo, passo passo, compresa la spumeggiante creatività e intraprendenza di alcuni “cavalli di razza”».

Gabriele Pinoja ha detto che mirate ad un seggio in Governo. L’ha sparata un po’ grossa o lei ci crede?

«L’ho detto e lo ripeto; questo è il nostro momento. Tutti ci crediamo. Il clima politico è cambiato, i partiti di governo sono in difficoltà e in crisi di identità, e la sensibilità del cittadino è cambiata; ora gli elettori vogliono vederci chiaro e decidere con la loro testa. Siamo pronti per un profondo rinnovamento politico».

Voi volete un seggio della Lega. Facciamo il gioco della torre. Butta giù Gobbi o Zali?

«Entrambi sono disarcionabili perché fragili. Mi sorprende il fuoco di paglia della quasi scontata popolarità di Zali, malgrado o forse anche grazie alla sua ricerca esasperata di indulgenze su altre sponde politiche».

La Destra cosa deve fare per smarcarsi dal cono d’ombra che da sempre proietta su di voi la Lega?

«Prima di tutto dobbiamo essere e rappresentare La Destra in maniera chiara, senza assumere posizioni opportunistiche, ma con una forte identità che ormai abbiamo anche grazie al fatto di aver stabilito le nostre differenze con la Lega. Un partito, questo, che sempre più ondivago, la qual cosa è una jattura in politica, anche se il populismo fa strage e permette di digerire tutto. Oggi l’UDC e La Destra sono un polo di riferimento chiaro e indiscusso per tutti coloro che sono alla ricerca di un approdo sicuro e trasparente sullo scenario sociopolitico».

La sua entrata in lista è stata tribolata, alla fine ce l’ha fatta al fotofinish per effetto di un voto tirato. Si sente un po’ il candidato «riempitivo»?

«Assolutamente no. Devo precisare che l’ho spuntata sull’ottimo collega Piero Marchesi con un buon margine di sicurezza. Questa mia candidatura però non è stata una scelta estemporanea, ma maturata e preparata a tempo debito anche con i colleghi ed esponenti del partito e il risultato finale non mi ha sorpreso. Evidentemente se Marco Chiesa non avesse rinunciato non vi sarebbe stata alcuna discussione. Il posto sarebbe stato suo».

 L’attività di parlamentare la ritiene qualificante o frustrante?

«Talvolta è frustrante, soprattutto quando subentrano personalismi, rancori e pregiudizi che nulla dovrebbero avere a che fare con la politica. Malgrado ciò prevale il vissuto di una qualificante esperienza umana, culturale e intellettuale, anche se i sacrifici e l’impegno per dei politici di milizia come siamo noi sono talvolta molto pesanti».

In Parlamento, a volte, c’è chi perde le staffe. Quale la sua lettura (anche dal profilo professionale) di questi battibecchi?

«In questo ambito dell’espressività umana vi sono due tipologie di politici. Quelli che l’evento, lo scontro e il confronto acceso lo creano e sono capaci di gestire la situazione amministrando le loro emozioni e quelle degli altri (alla Savoia, ma non solo). Poi ci sono quelli che invece si lasciano prendere dal loro ego ipertrofico che finisce ‘per spingerli oltre le loro reali possibilità, portandoli anche a fare delle figuracce tremende. Ciò è però inevitabile, il palcoscenico del Parlamento ha un potere straordinario e magnetico su tutti… nel bene e nel male».

Quali sono le sue passioni extra politiche?

«Mi piace molto leggere, sono un lettore onnivoro, è la mia passione. Adoro il jazz, il cinema alla Woody Allen e il teatro dialettale».

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Orlando Del Don

Medico, Psicoanalista, Politico

Classe 1956, Medico, psicoterapeuta, docente, scrittore, editore. Questo blog è il mio mezzo per parlare online di società, sanita, cultura, informazione, territorio e altro ancora.

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