Le derive e la disintegrazione sociale della crisi in atto

E’ il paradosso della modernità: più la storia subisce accelerazioni, maggiore è il bisogno dell’uomo di schiacciare sul pedale del freno. Più le civiltà sono confrontate con l’urgenza di gestire e controllare i rapidi cambiamenti – sociali, culturali e tecnologici – maggiore è la tendenza ad adagiarsi ed a rassegnarsi davanti alla complessità del nuovo che avanza. In un secolo di progressi e successi, per le scoperte e le possibilità della scienza e della tecnica, siamo passati dall’eccitazione e dall’euforia alla rassegnazione e alla disillusione. Una rassegnazione e una disillusione che lasciano spazio ad ogni forma di deriva, e la cui origine sembrerebbe derivare proprio dalla nostra percezione di una società, di una socialità e di una democrazia sempre più inadeguate, inconsistenti e alla deriva. Ma anche erose al loro interno, e come disumanizzate; sia dalla progressione inarrestabile dell’individualismo, sia dal materialismo e dal consumismo più sfrenato ed imperante. Ma ciò può essere considerato un déjà vu o una mera riedizione aggiornata rispetto alle crisi che da sempre hanno caratterizzato la modernità e non solo? Sicuramente no. Infatti la nostra contemporaneità presenta – e lo percepiamo tutti – potenzialità e pericoli maggiori rispetto al passato, dati proprio dalle nuove tecnologie e dal fatto che il modello di riferimento scricchiola nella sua struttura! Lo storico Emilio Gentile, in un suo bel lavoro del 2008 intitolato L’apocalisse della modernità: La Grande guerra per l’uomo nuovo, ci aiuta a fare il punto del presente grazie alla sua rivisitazione critica dei grandi rivolgimenti epocali che hanno caratterizzato la storia europea nelle sue fasi più buie. Di fronte alla seconda mondializzazione e ai suoi effetti perversi, alla concorrenza dei paesi emergenti e alla minaccia delle ondate di immigrazione percepite come incontrollabili, i leader politici e gli intellettuali più impegnati hanno capito che il catastrofismo, che ha caratterizzato i loro predecessori, non ha ora più alcun corso. Semplicemente perché rispetto al passato non abbiamo scelta. Il sistema infatti andrà avanti inesorabilmente per la sua strada, spinto unicamente dalla sua inarrestabile corsa e forza di inerzia, con tutti gli scossoni del caso, e si riassesterà senza rivoluzioni, guerre, nazionalismi, barbarie e dissoluzioni delle democrazie. Portandosi con sé però, anche e soprattutto, le sue componenti negative e perverse. Dovremo perciò ancora fare i conti (ma già percepiamo gli effetti) con una progressiva disintegrazione sociale, contemporaneamente ad una nuova visione e rappresentazione dell’esistenza da parte dell’ Uomo Nuovo che, necessariamente, prenderà il testimone. Ciò detto, tutti noi siamo chiamati ad affrontare, qui ed ora, i problemi sociali, umani ed esistenziali che questo sistema sta creando ad un ritmo crescente. Dobbiamo far fronte, per esempio, a quelli che sono i fenomeni localizzati di fanatismo religioso e che si diffondono sempre più come sostituti delle vecchie ideologie e contrapposizioni.

E alle inquietanti prospettive legate alla banalizzazione dei mezzi di distruzione di massa che fanno infatti temere sempre più l’estensione dell’iperterrorismo, tanto distruttivo quanto sono stati in passato i conflitti fra gli Stati nazionali. Soprattutto nella vecchia Europa dove l’atomizzazione e lo sfaldamento della coesione socio-culturale delle società democratiche rischia fortemente di generare due derive perverse e perniciose.

Da una parte l’incapacità di dare risposta ad un bisogno crescente di sicurezza, appartenenza, solidarietà e fiducia fra i cittadini e fra cittadini ed istituzioni; dall’altra poi essa provoca, all’interno delle società tradizionali, reazioni vivacissime di rigetto. Per pensare al nuovo, alla società del futuro (che è già qui, fra di noi), questi dati dovrebbero essere affrontati senza ideologie e strumentalizzazioni. Le democrazie e le società dovranno adattarsi, ritrovare nuove forme di socialità e solidarietà. Laddove la responsabilità, il rispetto, la libertà, la partecipazione, il ritorno alla dimensione dell’Uomo, alla sua natura, al suo bisogno di senso e significato, saranno i cardini del nuovo contratto e ordine sociale.

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Orlando Del Don

Orlando Del Don

Medico, Psicoanalista, Politico

Classe 1956, Medico, psicoterapeuta, docente, scrittore, editore. Questo blog è il mio mezzo per parlare online di società, sanita, cultura, informazione, territorio e altro ancora.

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